La ricerca analizza le architetture vegetali dal punto di vista della biofilia così da creare una apporto biofiliaco all'architettura che sia inclusivo di tutti gli aspetti dell'organismo architettonico.
Il concetto di biofilia, che descrive la nostra innata affinità per la natura, è al centro di questa ricerca che esplora come questa predisposizione possa essere applicata all'architettura per migliorare il benessere umano e promuovere la sostenibilità. La biofilia, teorizzata per la prima volta dallo psicanalista Erich Fromm e formalizzata dal biologo Edward O. Wilson, si basa sull'idea che la nostra evoluzione ha plasmato in noi una profonda attrazione per il mondo vivente. Questa connessione si manifesta in due costrutti principali: la fascinazione, ovvero l'attenzione involontaria che la natura suscita in noi, e l'affiliazione emotiva, un legame empatico che ci unisce ad altre forme di vita. I benefici derivanti da questa connessione sono scientificamente provati e si estendono a vari ambiti, inclusa la rigenerazione cognitiva, la riduzione dello stress e la guarigione fisica. Tuttavia, il crescente allontanamento dalla natura nella società moderna ha portato a un "deficit di Natura", con conseguenze negative sul nostro benessere.
Le architetture vegetali rappresentano una risposta concreta a questo deficit, integrando la natura direttamente negli spazi costruiti. Questo approccio, una diretta applicazione del Biophilic Design, si focalizza sull'uso di vegetazione per migliorare la qualità degli ambienti. Tra le strategie più diffuse si trovano i giardini verticali, le facciate verdi e i tetti verdi, che non solo abbelliscono gli edifici ma contribuiscono anche a migliorare la qualità dell'aria e a gestire le acque piovane. Un esempio innovativo è la Baubotanik, una tecnica costruttiva che unisce elementi tecnici e processi di crescita delle piante per creare strutture architettoniche viventi. Queste soluzioni dimostrano come sia possibile creare un'integrazione funzionale tra l'architettura e la natura, offrendo spazi che rispondono al nostro bisogno innato di connessione con il mondo naturale.
La traduzione della biofilia in architettura si concretizza nel Biophilic Design, un approccio progettuale che mira a reintrodurre le caratteristiche della natura negli ambienti artificiali. Questa disciplina non si limita all'estetica, ma si basa su principi scientifici e si manifesta attraverso diversi pattern, come quelli identificati da Stephen R. Kellert e Terrapin Bright Green. Questi pattern si dividono in tre categorie:
- Natura nello Spazio: si riferisce alla presenza diretta di elementi naturali come piante, acqua, suoni e brezze.
- Analoghi Naturali: evoca la natura in modo indiretto attraverso forme, materiali e texture che richiamano il mondo naturale.
- Natura dello Spazio: sfrutta le configurazioni spaziali che si ritrovano in natura, come ampie vedute, spazi di rifugio e percezioni di rischio/mistero.
L'applicazione di questi principi ha dimostrato numerosi benefici, tra cui la riduzione dello stress, l'aumento della produttività negli uffici e la diminuzione dei tempi di degenza negli ospedali, contribuendo a un benessere olistico.
In conclusione, le architetture vegetali sono una concretizzazione diretta del Biophilic Design, in particolare del principio di "Natura nello Spazio". Esse offrono una soluzione tangibile per integrare l'innata affinità umana con la vita vegetale negli ambienti quotidiani, agendo su più livelli. Non sono solo elementi estetici, ma strumenti funzionali per migliorare il benessere psicofisico delle persone, contribuendo sia alla sostenibilità interna che a quella esterna. La loro importanza è riconosciuta anche da protocolli di certificazione come il Living Building Challenge e il Credito Pilota 106 del GBC Italia, che sottolineano il loro ruolo fondamentale nel creare ambienti sani, produttivi e in armonia con le esigenze biologiche ed emotive degli esseri umani. (English version below)



English version:
The research analyzes plant-based architectures from the point of view of biophilia in order to create a biophilic contribution to architecture that is inclusive of all aspects of the architectural organism.
The concept of **biophilia**, which describes our innate affinity for nature, is at the heart of this research, which explores how this predisposition can be applied to architecture to improve human well-being and promote sustainability. Biophilia, first theorized by psychoanalyst Erich Fromm and formalized by biologist Edward O. Wilson, is based on the idea that our evolution has shaped in us a deep attraction to the living world. This connection manifests itself in two main constructs: fascination, or the involuntary attention that nature arouses in us, and emotional affiliation, an empathetic bond that unites us with other life forms. The benefits derived from this connection are scientifically proven and extend to various areas, including cognitive regeneration, stress reduction, and physical healing. However, the increasing alienation from nature in modern society has led to a "Nature Deficit," with negative consequences for our well-being.
Plant-based architectures represent a concrete response to this deficit, integrating nature directly into built spaces. This approach, a direct application of Biophilic Design, focuses on the use of vegetation to improve the quality of environments. Among the most widespread strategies are vertical gardens, green facades, and green roofs, which not only beautify buildings but also help to improve air quality and manage rainwater. An innovative example is Baubotanik, a construction technique that combines technical elements and plant growth processes to create living architectural structures. These solutions demonstrate how it is possible to create a functional integration between architecture and nature, offering spaces that respond to our innate need for connection with the natural world.
The translation of biophilia into architecture is materialized in **Biophilic Design**, a design approach that aims to reintroduce the characteristics of nature into artificial environments. This discipline is not limited to aesthetics but is based on scientific principles and manifests itself through various patterns, such as those identified by Stephen R. Kellert and Terrapin Bright Green. These patterns fall into three categories:
- Nature in Space: refers to the direct presence of natural elements such as plants, water, sounds, and breezes.
- Natural Analogues: indirectly evokes nature through shapes, materials, and textures that recall the natural world.
- Nature of Space: leverages spatial configurations found in nature, such as expansive views, refuge spaces, and perceptions of risk/mystery.
The application of these principles has demonstrated numerous benefits, including reduced stress, increased productivity in offices, and decreased hospital stays, contributing to holistic well-being.
In conclusion, plant-based architectures are a direct concretization of Biophilic Design, particularly the "Nature in Space" principle. They offer a tangible solution for integrating the innate human affinity with plant life into everyday environments, acting on multiple levels. They are not just aesthetic elements but functional tools to improve people's physical and mental well-being, contributing to both internal and external sustainability. Their importance is also recognized by certification protocols such as the Living Building Challenge and the GBC Italia Pilot Credit 106, which underscore their fundamental role in creating healthy, productive environments that are in harmony with human biological and emotional needs.

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